Pillole di management ai tempi del Coronavirus: la storia di Angelo D’Arrigo

Durante gli eccezionali eventi pandemici in corso, rileggere storie di persone altrettanto eccezionali, non può che essere fonte di ispirazione, suggerendoci come, anche in tempi di crisi, dovrebbero sempre essere i manager: determinati, incoscienti, visionari e sognatori.

La prima pillola di management voglio dedicarla alla storia di Angelo D’Arrigo, “l’uomo che volava con le aquile” e che insegnò alle gru siberiane a librarsi nel cielo, sviluppandone la mancante capacità di orientamento.

A quattordici anni dalla sua scomparsa, è ancora difficile dare una definizione esaustiva alla figura eclettica dell’uomo che ha oltrepassato i confini della realtà, per insegnare il volo a volatili cresciuti in cattività.

Se librarsi alti nel cielo, liberi come gli uccelli e in totale armonia con l’ambiente circostante, è un sogno umano antichissimo, che affonda le sue radici addirittura nel notissimo mito di Dedalo e Icaro, l’esperienza di Angelo D’Arrigo dimostra che non solo è possibile farlo, ma che l’uomo può affinare e perfezionare le proprie tecniche di volo ad un tale livello da poter insegnare agli uccelli a volare (prima metafora di management). Soprattutto a quelli in via di estinzione, come i condor e la gru siberiana, incapaci di migrare ed orientarsi.

Angelo D’Arrigo “in formazione” a nord della Siberia

Nato a Catania nel 1961 e laureato brillantemente all’Università dello Sport di Parigi nel 1981, Angelo emerge sin dall’inizio per il suo carattere da fuoriclasse, che lo porta ben presto a conquistare importanti risultati, in particolare nel volo libero e ultraleggero.

Dopo dieci anni, trascorsi nella squadra nazionale, e due titoli mondiali conseguiti con il deltaplano a motore, Angelo decide di abbandonare la competizione per dare vita a qualcosa di più grande e ambizioso.

“Metamorphosis”, questo il nome del progetto che parte dalla passione di Angelo per il volo e porta avanti un duplice obiettivo: ambientale (la reintroduzione in natura di rapaci in via di estinzione), e umano (trasformare l’uomo in “uccello in volo”). Il percorso, iniziato nel 2000, viene suddiviso in diverse tappe e si avvale di supporto scientifico internazionale.

Nel 2001 Angelo conquista un primato mondiale volando sulla rotta dei falchi migratori, dal Sahara alla Sicilia, a bordo di un deltaplano senza motore. Ma, ciò che più conta, è che lo fa in compagnia della sua fedele amica alata, “Aquila delle Steppe”.

Nel 2002 con “Siberian Migration”, Angelo segna un doppio record internazionale: sportivo (il volo in deltaplano più lungo della storia, oltre 5.300 chilometri percorsi nell’arco di sei mesi), e protezionistico (per la prima volta, era un uomo a guidare la migrazione di gru siberiane per favorirne il ripopolamento).

Nel 2004 conquista un altro primato nel volo libero mondiale: durante la spedizione nella valle dell’Everest con la sua “Aquila Nepalensis”, nata in cattività, raggiunge la ragguardevole altezza di 9.000 metri.

Anche in questo caso, la missione, seguita con grande attenzione dall’intera comunità scientifica internazionale ha come obiettivo il rilancio dello sviluppo di questa specie nella propria terra d’origine : l’Himalaya

Angelo D’Arrigo con la sua “Aquila Nepalensis”

Nel 2006 Angelo avrebbe dovuto concludere la quarta tappa: “On the wings of Condor”, la trasvolata della Cordigliera delle Ande con “Inca” e “Maya”, i due condor provenienti dal Breeding Center di Vienna.

L’idea nasceva dalla segnalazione di un pilota di linea, che riportava l’avvistamento di condor andini a 10.000 metri di altezza. Una quota vietatissima all’uomo, che diventa invece l’ispirazione per un nuovo traguardo da raggiungere: volare con una coppia di condor nati in cattività e riportarli nel loro habitat originario

L’esperienza si trasforma subito, come già successo altre volte, in un grande laboratorio di ricerca interdisciplinare a cielo aperto, in cui etologia, scienza e tecnologia confluirono grazie all’apporto di figure ed enti di assoluto rilievo nel panorama scientifico e della ricerca:

  1. L’etologo Danilo Mainardi, che supervisiona il delicato processo di imprinting dei condor
  2. l’Università di Scienza Naturali di Vienna, da cui provenivano le uova di condor
  3. Elasis e il Centro di ricerche Fiat di Orbassano, per mettere a punto lo speciale deltaplano-condor, capace di riprodurre le caratteristiche tecniche di volo di questo rapace e quindi sopportare le condizioni climatico-ambientali estreme dell’ambiente andino. 

Maya e Inca, i due condor nati in cattività, vengono allevati da Angelo secondo le tecniche dell’imprinting, già utilizzate con successo dall’etologo Konrad Lorenz negli anni Cinquanta.

I due esemplari, a stretto contatto con Angelo sin dall’inizio, e sotto l’ala del suo deltaplano fin da subito dopo la schiusa, iniziano l’addestramento seguendo e imitando i movimenti di “papà” Angelo nei cieli dell’Etna, una volta trasferiti nella casa in Sicilia.

Con il pre-test del volo, che avrebbe dovuto tenersi nel maggio dello stesso anno, denominato Aconcagua Xp 2005, Angelo D’Arrigo non solo dimostra l’esattezza di quanto progettato dal suo team, ma vola ben oltre la cima più elevata della Cordigliera Andina conquistando così il titolo di “Condor dell’Aconcagua”.

La fase finale del progetto (la liberazione dei condor il 21 luglio del 2006) avviene ad opera della Fondazione D’Arrigo, istituita dalla moglie, Laura Mancuso, all’indomani della morte di D’Arrigo avvenuta a Comiso nel marzo dello stesso anno, per uno sciagurato incidente aereo. Quando si dice… nati per volare!

L’esperienza di Angelo D’Arrigo è riportata in diversi documentari, tra cui quello da lui stesso prodotto (“Flying over Everest”) e “Nati per volare” di Marco Visalberghi, prodotto da Doc Lab – National Geographic Channel con Rai Uno, oltre che nel libro “In volo sopra il mondo”. La sua carriera segna una strada importantissima nella ricerca di un rapporto più equilibrato tra uomo e natura.

Nell’ambiente aereo D’Arrigo si è sempre mosso “da ospite”, come lui stesso affermava, avendo compreso l’importanza di rispettare le regole del vero padrone di casa: la Natura.

Avete notato quanti “take-aways” utili per un buon management emergono dalla storia di D’Arrigo?

  • Librarsi alti e volare
  • Aiutare chi nella vita non sa orientarsi
  • Guidare verso obiettivi ambiziosi
  • Avere grande coraggio e amare le sfide
  • Non accontentarsi mai dei traguardi raggiunti
  • Rispettare l’ambiente in cui ci si muove

Perché leggendo storie come queste, ci vengono alla mente soprattutto le parole di Abraham Lincoln:

Non sono importanti gli anni della nostra vita, ma la vita dei nostri anni

Buon management!

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